Quali attività occorre realizzare per lanciare una campagna di equity crowdfunding di successo? E quanto si spende? Crowd Advisors, con EdiBeez e con il patrocinio di A.I.E.C., ha pubblicato il primo rapporto
L’equity crowdfunding è una forma di finanza alternativa che consente alle imprese di raccogliere fondi (funding) presso il pubblico (crowd) a fronte di quote della società emittente (equity). Il tutto attraverso una piattaforma web autorizzata da Consob. Pur essendo molto recente e ancora poco conosciuto, l’equity crowdfunding sta decollando anche in Italia, in particolare a partire da quest’anno in cui sono state finanziate 12 società per poco più di 3 milioni di Euro.
Ma convincere il “crowd” a investire attraverso una piattaforma web in imprese che, spesso, sono nella loro fase iniziale di vita, richiede la pianificazione di una serie di attività la cui realizzazione può determinare il successo o l’insuccesso nel raggiugere l’obiettivo di raccolta.
E’ questo l’assunto su cui si fonda lo studio realizzato da Crowd Advisors in collaborazione con EdiBeez (editore specializzato in strumenti di finanza alternativa) e con il patrocinio di A.I.E.C. (Associazione Italiana Equity Crowdfunding).
L’obiettivo del report è rilevare, direttamente dalle imprese che hanno lanciato in Italia una campagna di equity crowdfunding, quali attività hanno svolto e come, nonché quanto, eventualmente, hanno speso. E, infine, incrociare i dati raccolti con il successo o l’insuccesso delle campagne.
Si tratta della prima volta che una ricerca entra nel merito delle attività e dei costi per sostenere una campagna di equity crowdfunding, analizzando anche il ruolo degli advisor esterni.
I dati del rapporto sono stati raccolti grazie alle risposte a un questionario inoltrato a tutte le società che avevano lanciato una campagna di equity crowdfunding sulle piattaforme italiane dal 2013 al luglio 2016, indipendentemente dal fatto che avessero avuto successo. Su 33 società contattate, 13 (il 39%) hanno risposto al questionario. Si tratta quindi di un campione piuttosto ristretto, che, pur non essendo possibile considerare scientificamente rilevante, può comunque fornire un importante termine di paragone, utile soprattutto a tutte le imprese che intendono finanziarsi con l’equity crowdfunding.
Alessandro Maria Lerro, presidente di A.I.E.C., afferma: “Il forte coinvolgimento del crowd, motore pulsante di questo sistema economico, rende di estrema importanza il tema, se veramente si vuole capire se esistano e quali siano le regole del gioco. L’analisi di Crowd Advisors parte dall’Italia, un mercato ancora piccolo ma in forte evoluzione. Mentre da un punto di vista statistico i risultati possono sembrare limitati, vista la dimensione del campione, un approccio analitico precoce ha il vantaggio di effettuare una mappatura del mercato sin dall’origine, la cui completezza ed attendibilità negli anni sarà di indiscutibile valore scientifico”.
Tra i risultati evidenziati nel report, emergono alcune indicazioni particolarmente rilevanti:
- Per il 62% delle imprese, la campagna ha avuto una durata di almeno 4 mesi, dal momento della decisione di effettuarla alla sua chiusura
- Le società che hanno chiuso con successo hanno generato 31 nuovi posti di lavoro, soprattutto lavoratori dipendenti
- Per tutte le attività prese in considerazione, si è registrato un tasso di successo maggiore se l’attività è stata affidata a consulenti esterni invece che svolta internamente
- Il 23% non ha predisposto alcun piano di comunicazione, ma tale lacuna è stata penalizzante: solo il 33% ha avuto successo
- Il mezzo di comunicazione privilegiato è stato Facebook (utilizzato nel 100% dei casi), seguito dalle “relazioni personali” (77%) e da LinkedIn (69%).
- Il 38% delle società ha speso in totale per la campagna meno di 3.000 euro e il 31% tra 5 e 10.000 euro (esclusa la success fee dovuta alla piattaforma). Non ci sono però correlazioni dirette tra l’entità della spesa e il successo della campagna.
Di seguito, il rapporto completo (oppure scaricalo qui):